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Digitale, laboratori e altre meraviglie. La scuola secondo Paolo Boschi

“Sono un po’ la dimostrazione pratica di ciò che diceva Steve Jobs sull’unire i puntini: era convinto che ci fosse un modo misterioso in base al quale tutte le nostre esperienze prima o poi confluiscono in ciò che diventiamo”.

Parole, quelle di Paolo Boschi, che ricordano quelle del titolo di uno dei saggi più famosi di D.F.Wallace, Although of course you end up becoming yourself, in italiano Come diventare sé stessi. Non importa quanto in anticipo programmiamo le cose perché alla fine, nella vita di ognuno, nel percorso che troviamo a fare, c’è una sorta di inesorabilità. Soprattutto quando ci si sente nati per un mestiere o una professione.

Professor Boschi come è stato il suo primo impatto con il mondo della scuola?

Mi sono reso conto, appena entrato, che i miei interessi mi rendevano un insegnante un po’ strano, da subito ho organizzato laboratori di giornalismo, scrittura creativa, cineforum. Quello che avevo imparato “per strada” me lo sono portato dietro e queste cose mi hanno fatto diventare il prof che sono diventato. Credo di essere stato per le mie classi un insegnante un po’ diverso, non sono mai stato uno di quei professori “ganzi” che dicono “si fa così, si scrive così”. Io credo molto nel dare l’esempio, sporcarsi le mani, fare le cose con gli studenti, disegnare con loro, scrivere con loro: per quanto mi riguarda, uno dei modi più efficaci di insegnare a scrivere un testo, è mettermi alla LIM e scriverlo davanti ai miei ragazzi una parola dopo l’altra, oppure progettare un racconto di classe e scriverlo insieme facendo da portale umano.

E a proposito di scrittura, ci racconta come funziona il suo laboratorio e come è nato?

L’idea è nata tanto tempo fa, nei primi anni Duemila, in una delle prime scuole dove insegnavo ma funziona ancora.  Ai miei studenti propongo una serie di articoli, dalle scoperte scientifiche alle ultime tendenze, dalle iniziative di solidarietà all’emergenza ambientale. Poi insieme ai ragazzi “faccio a pezzi” questi articoli e insieme vediamo come sono stati composti.  Alla fine li invito a documentarsi, dandogli delle “dritte” come siti per approfondire e a quel punto li invito a scrivere, secondo il loro punto di vista. Questo per la parte giornalistica, per quella dedicata alla scrittura creativa mi baso invece più sull’ispirazione: propongo ai ragazzi dei racconti particolarmente riusciti e li “smonto”, spiegandone i trucchi e le tecniche narrative utilizzate, poi li lascio liberi di inventare. Ovviamente se hanno bisogno di un consiglio resto sempre a disposizione. Il metodo sembra assurdo ma funziona: negli anni ci siamo messi in evidenza in diversi concorsi nazionali e alcuni ragazzi continuano a seguire il laboratorio anche per sette, otto anni di fila per cui… non deve essere così tremendo! Tra parentesi, dato che i miei studenti fanno questo laboratorio nell’aula di informatica e hanno sempre un portatile a disposizione, è anche un modo per imparare a usare un programma di videoscrittura e a navigare in rete in modo consapevole. L’importante a scuola è stuzzicare la curiosità, creare la voglia di leggere. Un’altra attività che funziona molto bene si chiama appunto Voglia di leggere e funziona così:  l’ultima ora dell’ultimo giorno della settimana arrivo in classe con un libro, inizio a leggere un passaggio che possa fare veramente gola e quando arrivo sul più bello… mi fermo.  Chi ha voglia di sapere come va a finire deve andare a cercarsi il libro e comprarselo (perché i libri se si può vanno comprati, annusati, sfogliati).  

Professore, a parte il fatto che ogni generazione pensa che quelle successive leggano e scrivano di meno, gli adolescenti di oggi, abituati ai social network, scrivono in modalità diverse? E queste nuove abitudini trapelano anche nella loro scrittura?

A parte il fatto che sui social si usano storpiature e abbreviazioni, per me il problema dei social è che non sono vigilati. Nel mio laboratorio di giornalismo, invece, abituo i ragazzi al rigore: non puoi scrivere un articolo e premere semplicemente un bottone per pubblicarlo, comunque sia, bisogna comunque rileggere.  Ma una volta liberati dall’idea della valutazione, i ragazzi sono capaci di cose incredibili. Alcuni miei colleghi sono ossessionati dall’idea di finire il programma, non vogliono perdere neanche due ore a settimana per la scrittura ma come Mufasa, il protagonista del Re Leone, io credo invece che tutto contribuisca a quello che lui chiamerebbe “il grande cerchio della vita”.

Quello che lei crea con i suoi studenti è un rapporto molto stretto, ci sono dei momenti in cui sente che sono loro ad insegnarle qualcosa? Insomma, il suo metodo può “sconfinare” in un’inversione di ruoli?  

Capita spesso! Quest’anno per esempio, per il settecentenario dalla morte di Dante, sono stati gli studenti a proporre dei progetti, anche abbastanza originali su come fare un servizio tramite dei laboratori a distanza via whatsapp. L’anno scorso invece avevo impostato io il lavoro durante il lockdown: avevo individuato tre capigruppo e poi li ho lasciati liberi di organizzarsi seguendo i tre gruppi in altrettante videoconferenze. È stato un salto nel buio ma i risultati mi hanno davvero sorpreso, ho capito che avevo veramente fornito alla classe gli strumenti giusti per lavorare in autonomia. È una grande soddisfazione per chi come me crede nella didattica laboratoriale. E quando mi capita di parlare con i miei studenti di libri, a volte sono proprio loro a consigliarmi dei titoli, è successo con la saga di Rick Riordan (Percy Jackson e gli dei dell’Olimpo, NdR) e quella di Hunger Games, ben prima che diventassero dei fenomeni di massa. Questo modo di condividere lo trovo molto bello!

 

A proposito di libri, Professore cosa consiglierebbe ai ragazzi per avvicinarli alla lettura?

Tra i libri “grimaldello” per i ragazzi di prima media sicuramente Le avventure di Tom Sawyer di Mark Twain. È talmente facile immedesimarsi nel protagonista che molti miei studenti hanno iniziato a leggere proprio grazie a questo classico, ma anche Coraline e qualunque libro del grande Neil Gaiman. Di contemporanei mi vengono in mente Cielo di sabbia L’ultima caccia di Joe Lansdale, Ribelli in fuga di Tommaso Percivale e Lo spacciatore di fumetti di Pierdomenico Baccalario. Apprezzo molto anche i libri di narrativa per ragazzi di Francesco d’Adamo e ovviamente alcuni classici, come Il giovane Holden e Qualcuno con cui correredi Grossman.