La scuola media è, lo dice la parola stessa, una terra di mezzo. Con ragazzini che hanno smesso di essere bambini ma un po’ ancora lo sembrano; che cominciano ad avere idee proprie ma sono ancora troppo condizionati da quello che sentono a casa. Li guardi e pensi subito che devi fare attenzione perché è a partire da loro che si gioca la partita sul futuro.
Siamo entrati con un progetto di scrittura in una delle mille scuole di Milano, nel quartiere di Baggio, con FARE X BENE e Feltrinelli. Ci siamo andati raccontando una storia, quella di Alì Ehsani, un ex ragazzino che prima è arrivato in Italia da solo dall’Afghanistan a tredici anni e poi è stato capace di non perdersi d’animo e, proprio cominciando da una seconda media, è riuscito a studiare fino a laurearsi e a diventare a sua volta insegnante.
Parlavamo, accorgendoci che quello che noi stavamo raccontando, che avevamo raccontato nel secondo dei due libri I ragazzi hanno grandi sogni, loro lo stavano vivendo. Ogni giorno.
«Ah, ma quindi quel mio compagno urdu pakistano…è come Alì…»
«Sì, è come quel tuo compagno…»
Abbiamo cominciato a tacere e ci siamo messi in ascolto. Domandando ai ragazzi di costruire una stessa storia ma con ruoli diversi:
«Io faccio la prof.»
«Io faccio il ragazzo bullizzato.»
«Io quello che non sa una parola d’italiano.»
Scrivevano e leggevano confermando una cosa che mi ha spinto a fare questo lavoro: che la scrittura non è solo uno strumento per ragionare. Ma è principalmente scoperta: delle gioie e delle sofferenze, dei successi e degli insuccessi. Nostri e di quelli degli altri.
E grazie a quei foglietti da cui leggevano, non c’è stato bisogno di biasimare a parole il bullismo o lodare l’integrazione talmente era evidente che le storie funzionavano, erano belle e scaldavano il cuore solo quando erano capaci di raccontare amore e bellezza, apertura e solidarietà.
Francesco Casolo
Scrittore