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Non-e'-finita-FxF Bellismo

Non è finita finché non si firma la resa

“La scuola è finita”, dichiarano da settimane con toni sensazionalistici alcuni giornali.

Quasi un necrologio…come se il COVID-19 avesse sconfitto i docenti costringendoli alla resa con disonore.

Ma siamo sicuri sia proprio così? La vita di un docente in quarantena alle prese con la didattica a distanza non è quello che teoricamente si pensa. Non è finita per nulla. La scuola non è chiusa, i dirigenti scolastici non hanno firmato la resa, i docenti non hanno deposto le armi.

La scuola ha solo dovuto compiere un salto evolutivo di almeno 10 anni in due mesi.

Quindi no, la scuola non è finita. Continua la scuola la sua azione, continuano i docenti a lavorare, continuano gli studenti a studiare. Con quale spirito, con quale passione siano coinvolti tutti non è facile da chiarire, ma lo smarrimento non ha lasciato il posto al fallimento.

Questo salto evolutivo di immane fatica, di ore di lavoro sommerso, di annullamento della differenza fra tempo del lavoro e tempo della vita, è stato possibile solo grazie ai docenti e alla loro abilità di non dichiararsi sconfitti e di arrangiarsi con quanto a disposizione nel luogo in cui si sono trovati nel momento in cui lo stato di emergenza è stato dichiarato, pur di restare in contatto con i loro alunni e di proseguire con l’attività didattica a distanza.

Avete idea di quanto tempo ci voglia per preparare una lezione online? Reperire materiali da assemblare e montare, preparare un video, una verifica, un quiz, una mappa concettuale, uno schema che risulti semplice, fruibile, completo e accattivante agli occhi di un adolescente? Avete idea di cosa significhi correggere 25 temi inviati in forme disparate, da un word a una immagine ‘screenshottata’ alle più comuni foto sfocate di elaborati pieni di cancellature e con una grafia che definire “a zampa di gallina” sarebbe un simpatico eufemismo? Avete idea di cosa significhi cercare di convincere D. a partecipare alle vide olezioni, L. a mostrarsi in video qualche volta perché noi ci siamo e non deve avere timore del giudizio, A. a consegnare un qualunque compito perché serve avere un minimo di continuità, C. a non avere paura di accendere il microfono, M. a tenerlo spento, ogni tanto, perché se no i ritorni audio ci fanno ammattire? Avete idea di cosa significhi preparare documenti, verbali di riunioni, che implicano riunirci per ore davanti a uno schermo, sentirci e discutere in videoconferenza, nel tempo contingentato che la comunicazione a distanza impone, con la linea che non va, il microfono che non funziona, mi sentite? non ti vedo, non leggo la presentazione, sì ti sentiamo, non mi va il tablet, nuovo link tra 5 minuti, allora mi sentite?

No, io penso davvero che non possiate francamente averne alcuna idea. Soprattutto non avete idea di quanto noi docenti sentiamo la mancanza fisica dei nostri alunni, che tutte le ore in video (prof. non mi va la camera, non riesco a entrare, ci siete? non mi fa mandare le foto, mi sente? prof. posso dirle una cosa alla fine della lezione?) non potranno mai colmare, e ci manca vederli, sederci insieme con loro in aula e parlare con loro, occhi negli occhi, orecchie tese all’ascolto.

E non avete idea di quanto i nostri alunni sentano la mancanza di quei docenti tanto temuti (odiati?) in presenza, che adesso mancano davvero e attraverso uno schermo possono essere visti, come presenza rassicurante, segno che quello che avevano costruito non è andato perduto, disperso nel clamore di una pandemia che ha annullato ogni contatto umano, privando tutti, cosa più crudele, di ciò che è più importante: la vicinanza, la quotidianità della presenza, la condivisione di uno spazio che conserva tutta la sacralità di un luogo mistico.

La scuola è un luogo sacro, dove si celebra ogni giorno il rito della condivisione del sapere, ci si scambia segni di pace, si sta in silenzio ascoltando letture, parabole di vita e lezioni di umanità di adulti e di ragazzi che affrontano il difficile percorso della crescita, dove ci si alza in piedi nei momenti di rispetto, ci si siede composti durante la lezione, ci si dirige alla lavagna per il confronto diretto con il docente, e ci si saluta, a fine giornata, con un lieve sospiro di sollievo, perché il nostro dovere è stato fatto, la nostra anima e il nostro corpo hanno assorbito quanto di buono e sano potevano assorbire.

Questa sacralità del quotidiano ci è stata rubata e sentiamo tutti il peso dell’ingiusto furto, adulti e ragazzi. Chi entra a scuola anche solo per recuperare un libro, superati permessi e controlli, sente un senso di oppressione adesso: le stanze sempre così piccole ma ora insopportabilmente grandi, la voce che rimbomba, l’odore di disinfettante, il peso del silenzio. Non è più la nostra scuola, animata di gente che sale e che scende per le scale, di voci che provengono dalle aule, di alunni che lavorano in palestra, di studenti e docenti che si salutano nei corridoi, ciao prof., ciao sì ma torna in classe, non andare in giro, va bene prof.

Sembra quasi di sentirle, queste voci, ma è solo uno scherzo della nostra memoria, miraggio di un viandante del deserto, inganno della mente.

Noi lì e il gesto ovunque, mi suggerisce una voce, eco lontana di una lettura poetica nella nostra classe, in quel tempo sospeso in cui il mondo andava avanti, ma noi, in aula, realizzavamo insieme il miracolo della relazione educativa nella nostra microcomunità.

Non possiamo sapere quando, ma noi torneremo.

Torneremo in classe, torneremo a scuola, torneremo ad animare quelle stanze e a dotare di senso quegli spazi con la presenza di tutti. Ora, possiamo solo decorare le nostre aule virtuali con i nostri piccoli riquadri su uno schermo, con i nostri pollici in su e i volti stanchi ma comunque sorridenti perché, Chaplin ci insegna, un giorno senza sorriso è un giorno perso.

E noi non possiamo perdere nemmeno uno di questi giorni, nemmeno in quarantena.

 

E verrà il tempo sonoro, scintillante,

un tempo solenne e puro, un tempo da inni

e verrà un giorno il tempo! Oh se verrà!

 

Alessia Tsagris

Docente ICS Primo Levi – Milano