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Contro il cyberbullismo la prevenzione e l’unione fanno la forza!

Il 20 marzo 2019, tre pattuglie della polizia sono intervenute in una scuola secondaria di primo grado di Lodi per sequestrare gli smartphone di alcuni studenti nei quali si sospettava fossero memorizzate chat e video con contenuti offensivi e lesivi della riservatezza di alcuni/e compagni e compagne di classe.

Gli accertamenti delle forze dell’ordine e la collaborazione di compagni, insegnanti e della dirigente, hanno portato alla luce un vero e proprio atto di cyberbullismo perpetrato nel tempo a discapito di una studentessa di 13 anni.

La situazione di cyberbullismo, infatti, era già stata segnalata da alcuni allievi agli insegnanti, che dopo aver tenuto lezioni sul tema per contrastare il fenomeno, hanno deciso di allertare la questura, quando le tensioni in classe sono culminate nel malore di una studentessa.

La giovane, innamorata di un compagno di classe più grande e ripetente, sarebbe stata spinta dal ragazzo ad inviare dal suo cellulare degli scatti con pose sexy e in atteggiamenti intimi. Subito dopo le prime foto, però, oltre alla diffusione delle foto ad altri amici, da parte del ragazzo sarebbero cominciati i ricatti e, probabilmente anche le estorsioni, con minacce tipo: “Mandami altre foto intime o lo dico ai tuoi genitori e faccio girare le foto”.

Dalle ricostruzioni delle forze dell’ordine, la ragazzina si era presentata a scuola quella mattina già in uno stato emotivo di grave turbamento, tanto da spingere alcune compagne a parlarle e tentare di calmarla e incoraggiarla a cercare l’aiuto dei propri insegnanti, raccontando loro quanto stava subendo.

A seguito di questo gesto e del malore successivo della ragazza, sono state chiamate le forze dell’ordine: gli agenti, dopo aver parlato coi ragazzini e aver visionato le immagini, hanno sequestro due cellulari e dato via all’inchiesta che ha portato alla denuncia del compagno con le accuse di estorsione e possesso e diffusione di materiale pedopornografico e al ricovero della ragazza sotto shock.

La scuola aveva avviato un corso sul cyberbullismo dopo un episodio accaduto nel 2018 nel quale circa 150 studenti sui 350 frequentanti, in una chat su Instagram, si facevano beffe di alcuni docenti. La preside, con un nickname, era entrata nel gruppo e li aveva identificati tutti, informando poi le famiglie.

Le indagini della questura di Lodi su quanto avvenuto nella scuola media non sono ancora concluse e la vicenda a quanto pare dalle informazioni presente sui media locali, non è rimasta confinata al perimetro della scuola, ma si è consumata soprattutto all’esterno, coinvolgendo anche persone che nulla c’entrano con l’istituto, e altri ragazzi che avevano nel telefono cellulare quelle foto.

Intanto, abbiamo la scuola sta agendo dal punto di vista educativo con attività, incontri e percorsi di prevenzione e sensibilizzazione sul tema, e siamo solidali con la Dirigente Scolastica che ha agito immediatamente per il bene della vittima, del ragazzo che ha commesso il reato e di tutta la comunità scolastica, seguendo con rigore e professionalità le disposizioni della legge sul cyberbullismo del 2017, che consente e esorta a chiamare la questura e i genitori dei ragazzi coinvolti e dichiarando poi sul sito della scuola: «Sono contenta che questi ragazzini siano riusciti a rivolgersi all’insegnante, tradendo il tacito patto che di solito li lega a questa età. Noi lavoriamo molto sulla cittadinanza digitale, dal cyberbullismo alle fake news, a come relazionarsi sui social, con studenti e genitori. Quando eventuali responsabilità saranno accertate valuteremo sospensioni, o interventi educativi personalizzati. Non si è fatto male fisicamente nessuno, ma sul piano psicologico le ferite ci sono».

Si perché le “parole fanno più male delle botte” e questo non dobbiamo mai dimenticarlo.

Giusy Laganà
Insegnante, scrittrice e Segretario Generale FARE X BENE Onlus