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Un Orwell calabrese?

L’uomo è forte (1938) è uno dei libri forse meno noti al grande pubblico dello scrittore calabrese. A seguito di una guerra civile tra “bande” e “partigiani”, con la promessa di una società più giusta e forte, il regime di un imprecisato stato finisce per controllare ogni aspetto della vita pubblica e privata: a farne drammaticamente le spese l’amore dei due protagonisti, l’ingegner Dale, che fa ritorno dopo anni in patria, e Barbara, figlia di una coppia di “nemici del popolo”. Nella storia d’amore tra Dale e Barbara ostacolata dalla statolatria, entro un pervasivo clima di delazione e sospetto, Corrado Alvaro, in anticipo rispetto alle più celebri e celebrate distopie orwelliane, fu tra i primi a restituire in letteratura una lucida denuncia della “tirannia dell’ideologia” e a farsi interprete della crisi contemporanea.

Dostoevskij e Pirandello

Romanzo dall’ossessivo descrittivismo, con atmosfere che rimandano al clima della pittura futurista e alle suggestioni della coeva maniera di marca più metafisica (si pensi alla particolare luce nella quale vengono ritratti, in maniera quasi allucinata, cose e oggetti), ne L’uomo è forte di Corrado Alvaro agiscono in profondità, come genuina sostanza, un dostoevskijsmo (perorazione sul meccanismo colpadelitto-espiazione) e un pirandellismo (il problema della percezione dell’identità, della necessità di costruire un’identità solida, non marionettistica) potenziali.

Domenico Calcaterra

 

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