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Un ritratto mai esistito

Gli Undici è il perturbante capolavoro del mai esistito
pittore François-Élie
Corentin: lo smisurato
ritratto dei componenti
del Comitato di salute
pubblica che resse la
Francia rivoluzionaria
fra l’estate del 1793 e la
primavera del 1994. Gli
Undici sono i responsabili ultimi del terrore,
gli uomini che hanno
il potere di siglare le condanne a morte dei nemici reali, potenziali e immaginari del popolo.

Il re del mondo

La voce narrante è quella di una guida che ci mantiene di fronte al grande quadro immaginario che ha una sala del Louvre tutta per sé. Una sala che sentiamo silenziosa e immensa con l’ombra che ne nasconde i contorni. Anche la storia di Corentin è immersa nell’ombra da cui emerge ogni tanto un lampo: l’infanzia lungo la Loira, il bimbo cresce affogato dall’amore di una nonna fragile e devota e di una madre che ha offerto il suo corpo a un poeta ambizioso e destinato all’oblio. Nella sua bellissima infanzia, Corentin ha il potere di governare due donne . È il re del mondo, ma quel beato regno d’infanzia è labile, come labile è la gioventù alla bottega di Tiepolo. Gli Undici sono il romanzo dell’infelicità di una vocazione delusa, costretta a ripiegare sulla storia universale per compensare l’insuccesso e la sterilità della scrittura. Sono undici parricidi, undici uomini che hanno assassinato il gran padre della nazione e ora ne occupano il posto. Undici impostori, come impostore è lo stesso Corentin, il bimbo dall’infanzia regale, ora vecchio scoronato che dipinge gli assassini del re, gran padre della nazione.

La tela segreta

La tela che esalta i maghi del Terrore è figlia dell’ambiguità dei giochi di potere: viene commissionata segretamente, in attesa che si compia il destino di Robespierre. Al momento del suo definitivo trionfo, il dipinto verrà cacciato fuori come omaggio al suo indiscutibile potere altrimenti, al momento della sua definitiva caduta, il dipinto verrà mostrato come prova della generazione di quel potere, del tribuno del popolo metamorfizzato in tiranno.

La storia è terrore

I colori di Corentin non dipingono solo uomini, dipingono tutti gli esiti possibili di una tragedia storica, di un notturno non destinato a conoscere l’alba. Quelle undici presenze sono undici manifestazioni di una più profonda potenza: “la Storia in persona, in undici persone perché la Storia è terrore allo stato puro. E questo terrore ci attira come un magnete”. Noi stiamo lì, di fronte al vetro di cinque millimetri che protegge questo capolavoro e che ci protegge da questo quadro che saprebbe divorarci, portarci lontano dai cieli utopici di Tiepolo, giù in fondo, verso la bestemmia e il dolore, verso le forze sotterranee della storia, verso la violenza che insiste sotto alle cose e che Corentin ha in un lampo, subitaneamente, illuminato. Accostandoci al vetro che protegge il quadro vedremmo la nostra figura sovrapporsi e confondersi a quei demoni abbigliati à la Nation. Quel vetro ci restituirebbe riflessa la nostra immagine, l’immagine dell’uomo.

Marco Viscardi

 

Le recensioni sono a cura di