Prima Effe

BLOG

L’AUTORE
Ngũgĩ wa Thiong’o, “padre fondatore” della letteratura africana in inglese con il Nobel nigeriano Wole Soyinka e il compianto Chinua Achebe è nato a Kamiriithu in Kenya, nel 1938 e migrato prima in Inghilterra e poi negli Stati Uniti. Ngũgĩ risiede ancora in America, ma mantiene
 stretti legami con la madrepatria, paese amato
 e odiato che in passato
 gli ha riservato prigione, esilio, censura.

LA STORIA DEL KENYA
Un chicco di grano fu pubblicato nel 1967, a tre anni dall’indipendenza del Kenya. La storia del paese, che parte dall’arrivo dei primi missionari e rammenta con amara ironia la sostituzione (nei rapporti tra europei e africani) della Bibbia con le armi, si intreccia presto con quella degli anni cinquanta, quando il governatore inglese dichiarò lo stato di emergenza per combattere la resistenza dei Mau Mau di Jomo Kenyatta.

DALLA RIVOLTA ALLA DITTATURA
In una trama fitta e articolata, la celebrazione dell’Uhuru (libertà) costituisce il presente del romanzo. Se le condizioni estreme della lotta favoriscono la consacrazione di eroi e martiri e la stigmatizzazione dei vigliacchi, l’indipendenza genera invece un entusiasmo che non tarda a rivelare le prime crepe. In soli tre anni di Kenyatta, leader della lotta agli oppressori bianchi e acclamato presidente della nuova repubblica, divenne un dittatore dispotico e nepotista.

In una storia che con il passare del tempo ha assunto progressiva limpidezza, ma che negli anni sessanta doveva essere complicato raccontare, i personaggi del testo e l’intrecciarsi inesorabile delle loro vicende con la macrostoria del paese appaiono ancora rilevanti e rivelatori. Segnati da una fragilità umana con cui non si può non empatizzare, questi personaggi, nei loro piccoli e grandi tradimenti, fanno i conti con la non corrispondenza tra l’infelicità soggettiva e l’imperativo collettivo che li vorrebbe liberi e contenti perché affrancati dal giogo coloniale.

KIHIKA, TRA MITO E INTEGRALISMO NARCISISTA
Nelle loro contraddizioni e nel loro dolore sono più credibili del “cristologico” Kihika, l’eroe della resistenza (e del romanzo) che ha lottato senza posa per la libertà del suo popolo e della sua terra, che non si è piegato agli inglesi nemmeno sotto tortura, che una volta ucciso si è trasformato in un potente mito pubblico. Kihika, infatti, non sapeva amare e in questa incapacità rivela il vizio di forma degli idealisti (Kenyatta compreso); una sorta di integralismo di matrice più narcisistica che filantropica, tutto maschile, che spesso porta i leader al fallimento umano e quindi anche politico, perché umanità e politica dovrebbero compenetrarsi per Ngũgĩ e per la sua versione di socialismo africano che ancora stenta a trovare corrispondenze nella storia del continente.
Non stupisce allora che sia una donna, Mumbi, il personaggio che pur nelle sue debolezze conserva capacità di determinazione e di controllo, su se stessa e dunque sul mondo, in una galleria di uomini indecisi, orgogliosi, permalosi, pavidi, inflessibili, distaccati, smarriti; non in contatto con la loro interiorità ed emotivamente lontani da quel mondo che vorrebbero via via riscrivere o anche solo abitare.

Mariapaola Guarducci