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Prima dei Vangeli. Come i primi cristiani hanno ricordato, manipolato e inventato le storie su Gesù

In questo libro l’autore si propone di indagare su come le notizie su Gesù siano state trasmesse negli anni fino al momento della scrittura dei Vangeli, che è avvenuta non prima di un quarantennio dallo svolgersi dei fatti.

 

Tutto il volume intende dimostrare l’inattendibilità di alcune assunzioni molto diffuse, specie nel passato, fra gli studiosi di Nuovo Testamento: che i Vangeli sono opera più o meno diretta di testimoni oculari; che in virtù di ciò tali testi sono storicamente credibili anche nei dettagli; che nelle antiche culture orali, avvezze all’esercizio della memoria, la capacità di ricordare era più sviluppata; che per questo le antiche tradizioni potevano tramandarsi nel tempo senza subire modifiche.

Ehrman ha un approccio interdisciplinare e cerca di verificare queste affermazioni alla luce della psicologia, della sociologia, dell’antropologia e delle scienze cognitive. I racconti di chi conobbe Gesù poterono passare di bocca in bocca in maniera statica, ripetitiva, fedele e senza reinterpretazioni? In altre parole: è possibile pensare che la memoria su Gesù si sia preservata affidabilmente nei primi decenni di trasmissione orale del suo ricordo? L’autore, che fa riferimento a diversi studi sulla memoria condotti anche fra alcune superstiti popolazioni di cultura orale, parla di una continua rielaborazione, modifica e ricreazione del ricordo, specialmente quando esso è di rilevanza per il gruppo sociale o riveste un valore religioso o tradizionale.

Le ricerche sulla memoria individuale dimostrano una buona ma non ottima capacità di ricordare correttamente gli eventi di cui si è stati testimoni o protagonisti, ma evidenziano anche errori e modificazioni, specie in occasione di momenti particolarmente traumatici (come fu, ad esempio, la morte di Gesù per i suoi discepoli). Una particolare importanza rivestono certi ricordi che riguardano gruppi di individui i quali condividono un ricordo in comune: le società in cui viviamo influenzano o addirittura determinano il modo in cui ricordiamo il passato.

 

L’autore fornisce diversi esempi di memoria alterata in merito a certi episodi della vita di Gesù narrati sia dai Vangeli canonici sia dagli apocrifi, identificando in essi distinte e talvolta contraddittorie descrizioni di eventi che appaiono come il frutto di alterazioni di memoria avvenute nel contesto di una catena di testimonianze in continuo cambiamento. È molto utile la distinzione che l’autore opera fra alterazioni di natura volontaria e involontaria; ciò gli permette di non cadere nel grossolano errore di screditare semplicisticamente tutte le fonti, quasi esse derivassero unicamente da un’alterazione volontaria intesa nella mera ottica di una manipolazione censoria o coscientemente perseguita.

 

E’ assai raro che gli storici del cristianesimo antico e gli esegeti biblici si interroghino sull’effettivo funzionamento della memoria individuale e collettiva e sui meccanismi di trasmissione delle tradizioni connesse agli eventi religiosi di carattere fondante. Questi temi, però, possono ormai contare su un’ingente quantità di studi psicologici sperimentali.

 

Un impegno maggiore su questa strada di interdisciplinarità, percorso anche da parte di altri studiosi, non potrebbe che arricchire il panorama fin qui sommariamente descritto. Indipendentemente dai risultati, ben vengano sollecitazioni come quelle di Ehrman che anche questa volta, per i temi trattati e il modo di esporli, non ha deluso le aspettative dei molti suoi affezionati lettori.

Andrea Nicolotti

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