Prima Effe

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Gek Tessaro, estroso funambolo della parola e del disegno, illustra Pinocchio, i personaggi, le scenografie con le immagini semplici e limpide che usa nel suo teatro.

La novità, che in taluno ha suscitato perplessità perché un classico è un oggetto da maneggiare con cautela, è la riscrittura del testo, più che altro un alleggerimento per asciugare con misura e rispetto la lunghezza e “pesantezza” di una lingua ottocentesca talora desueta che frena i bambini di oggi, per renderla più fluida, senza togliere alcun episodio.

solo il finale cambia radicalmente (del resto, Collodi stesso diceva di non ricordare di averlo scritto lui): il burattino, di legno per tutto il libro, rifiuta la nuova natura appioppatagli in due righe e infila la porta “facendo capriole e gran salti di gioia”.

Sostanzialmente lo stesso finale del film di Benigni, dove l’ombra di Pinocchio si allontana da scuola inseguendo la farfalla della fantasia. Gek Tessaro esalta questa diversità di Pinocchio disegnandolo in bianco, un Pierrot lunare, quasi un alieno che, come sottolinea l’autore nella breve introduzione Metto le mani avanti, con le mani “parla” appunto, come gli altri personaggi: laboriose quelle di Geppetto, cattive tante altre. Chiedono pietà le mani del vilipeso nostro eroe, finché scappa via libero alzando solo due dita in segno di vittoria. Da sette anni

Fernando Rotondo

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