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Il teatro di Pinocchio si può definire un pop-up teatralizzato, un gioco o meglio un “teatro da tavolo” e si compone di una cartella contenente quattro scenografie a fisarmonica di un metro (paese, casa, campagna, mare), 26 sagome in cartone ritagliabili e manovrabili dei personaggi e un libro di scena con il copione e consigli per la rappresentazione della storia, naturalmente sfrondata di alcuni episodi. Resta, però, l’essenziale per una messa in scena che, rispettando il plot, a differenza della lettura solitaria ha bisogno di una partecipazione corale di amici e compagni di scuola, insegnante, parenti, come “manovratori” delle figure, voci, pubblico.

Cumer nelle scenografie rifiuta banalità e piattezza per una modernità artistica che ne permette la fruizione in varie situazioni.

Nell’introduzione Fanti fa due interessanti osservazioni. Il “tratto moralistico”, che c’è nel racconto, “ai tempi era un ingrediente obbligatorio”, ma Collodi ne realizza un ribaltamento libertino e trasgressivo attraverso l’azione del burattino. Inoltre, “l’andirivieni e gli episodi minori tradiscono la necessità di ‘allungare’ la storia per un pubblico che aspettava l’episodio successivo”: il che rinvia alla odierna serialità che prevede la possibilità di prolungare l’arco narrativo progettato introducendo nuovi episodi/libri in caso di successo dei primi. Da sette anni

Fernando Rotondo

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