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Duelli ossessivi nella carneficina universale

“Napoleone I, la cui storia ebbe la qualità di un duello con l’Europa intera”: inizia così lo straordinario racconto di Conrad del 1908, Il duello. A questo inizio sulla figura di Napoleone, e sullo sfondo di una precisa scansione storica della vicenda narrata fatta di rimandi agli eventi cruciali delle guerre napoleoniche, fa seguito la vicenda molto privata, e molto misteriosa, di una serie di duelli, ossessivamente cercati e ossessivamente ripetuti, tra due ufficiali di cavalleria dell’esercito napoleonico, duelli combattuti principalmente negli intervalli di pace tra una battaglia e l’altra quasi che “quegli anni di carneficina universale” avessero prodotto una sorta di assuefazione alla violenza e alla battaglia, e conseguenti, sinistre, crisi di astinenza.

Una specie di avvoltoio

Conrad descrisse Napoleone “come una specie di avvoltoio”, e la sua fatale parabola nella storia d’Europa come “una scuola di violenza”, la cui estesa influenza maligna fomentò l’odio tra le nazioni, e provocò tirannia e oscurantismi. Tra i due ufficiali è infatti Feraud colui che resterà ossessivamente fedele a Napoleone ben oltre la sua caduta (…) la parte attiva nella ricerca del duello, colui che persegue lo scontro fisico con il nordico e aristocratico d’Hubert in ognuna delle tregue della guerra. Quelle sospensioni della bellicosità sono infatti per Feraud insopportabili.

Un pizzico di eccitazione

Eppure (…) alla iniziale insofferenza di d’Hubert per la gratuità priva di ogni motivazione della sfida di Feraud segue un progressivo, inarrestabile coinvolgimento. Diversamente dal torvo meridionale, infatti, D’Hubert non sarebbe insensibile a quel richiamo della dolcezza della vita (…). E dei due ufficiali D’Hubert è il solo che alla fine delle guerre avrà accesso alle dolcezze e alle delizie della pace, dell’amore e della felicità familiare. E tuttavia il fascino dello spirito guerresco dei suoi tempi non risparmia neanche lui. Il punto d’onore gli impedisce di sottrarsi ai duelli cercati da Féraud, combatte non meno bellicosamente del suo più attivo sfidante, e ben presto dovrà riconoscere che quei duelli aggiungevano “un pizzico di eccitazione alle deliziose e allegre pause fra una campagna e l’altra”.

Un mistero ignorato

Un mistero domina questa singolare e ossessiva sfida privata, per cui Conrad si ispirò a una storia vera che circolava negli ambienti dell’esercito napoleonico, (…) nessuno saprà mai quale sia stata la natura e l’origine della loro contesa. Conrad, lamentando che nessun recensore lo avesse notato, affermò in una lettera dell’agosto 1908 che con la storia dei due duellanti aveva inteso scrivere “una storia romanzata del primo Impero” cercando di permearla, quanto più possibile, di spirito napoleonico. E quale fosse la natura profonda di quello spirito Conrad lo affidò alla sua strana storia del susseguirsi di duelli tanto sanguinari quanto insensati, sui quali sembra aleggiare quello spirito delle campagne napoleoniche evocato da Tolstoj in un celebre passo dell’ultimo capitolo di Guerra e pace: “In questo periodo di vent’anni immense distese di campi non sono più arate, case vengono bruciate (…) e milioni di cristiani, che professano la legge dell’amore del prossimo, si uccidono l’un l’altro. Che significa tutto ciò? Come mai è accaduto? Che cosa ha obbligato questi uomini a incendiare le case e a uccidere i propri simili? (…) Ecco le involontarie, semplici e legittime domande che l’umanità muove a se stessa”.

Enrica Villari

 

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