Prima Effe

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Vi sarà sicuramente capitato di entrare al supermercato, oppure in un ristorante, e vedere crostacei (con le chele rigorosamente legate), mantenuti in mezzo al ghiaccio perché arrivino vivi sulla vostra tavola.  Vi sembra una buona pratica? A giugno dello scorso anno ai giudici della Corte di Cassazione non è parso così, perché questa modalità di mantenimento è contraria alle caratteristiche etologiche dei crostacei, oltre
che incompatibile con la
loro natura e comporta
gravi sofferenze per gli
animali.

Questa decisione, che a molti è parsa decisamente sorprendente, è in realtà in linea
con quanto sta accadendo in molte nazioni, tanto che ad esempio, nel
2015 la Nuova Zelanda ha approvato l’Animal Welfare Amendment Act, secondo cui è necessario provvedere in maniera adeguata al benessere animale, divenendo la prima nazione a riconoscere agli animali lo status di esseri senzienti da un punto di vista legale.

Ma vi sono conoscenze scientifiche su cui si basano queste decisioni? Lo studio del cervello degli animali e delle loro abilità cognitive ci mostra che alcune capacità che abbiamo sempre considerato tipicamente umane in realtà non lo sono.

Le scienze cognitive ci mostrano infatti che ogni animale ha capacità e talenti particolari, che in molti casi non differiscono dalle nostre in termini qualitativi, ma solo quantitativi. Abbiamo oggi evidenze del fatto che molti animali sanno contare e conoscono alcuni principi di base della geometria, riconoscono visi e forme, pianificano azioni, producono strumenti e trasmettono cultura: dimostrano quindi di avere anche buone capacità di apprendimento. Il vero rischio che oggi corriamo è di usare queste acquisizioni per umanizzare gli animali più del necessario, immaginando che essi siano soltanto una versione “più pelosa” di noi stessi.

Questa distorsione, che rappresenta un cattivo servizio anche alla scienza, ci può impedire di comprendere e valutare gli altri animali per quello che realmente sono. Il tema è indubbiamente complesso, ma vi sono alcuni libri che possono venirci in aiuto e tra questi merita indubbiamente un posto di rilievo questo libro . Il principale merito delle autrici è di non limitarsi a elencare le diverse abilità osservate negli animali con accattivanti esempi, ma di mostrare come le scienze cognitive animali debbano essere affrontate da un punto di vista sperimentale. Il libro non è tuttavia un manuale tecnico, anzi è al contrario un’agile lettura che può essere affrontata anche da lettori non specialisti, ma che non abbandona mai il rigore dei dati sperimentali né la cautela nelle interpretazioni.

Mauro Mandrioli

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